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martedì 21 luglio 2020

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Vince la linea dell’Italia

L’accordo sul Recovery Fund segna un passaggio cruciale nella politica delle istituzioni comunitarie. Vince la linea dell’Italia che si è battuta per una risposta all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte. Un risultato straordinario ottenuto grazie alla fermezza del Presidente Conte che rappresenta una svolta storica per l’Europa».

Con l’intesa raggiunta dal Consiglio straordinario europeo sul Recoveru Fund da 750 miliardi le istanze di crescita e solidarietà prevalgono su austerità ed egoismi all’interno dell’Ue. È un cambio di prospettiva che tutela gli interessi del nostro Paese ma anche le stesse prospettive future dell’Europa. L’impegno dell’Italia è stato determinante per il buon esito del negoziato che apre una nuova fase», ha spiegato Fraccaro.

«Con le dotazioni del bilancio pluriennale le risorse complessive stanziate ammontano a 1.800 miliardi di euro, un piano ambizioso e adeguato ad affrontare la crisi che ha investito tutti i Paesi. L’Italia in particolare, con 209 miliardi di euro dal Recovey Fund e 36 miliardi in più rispetto alla proposta iniziale, ottiene uno stanziamento estremamente corposo che consentirà di rilanciare l’economia, modernizzare il sistema-Paese e favorire la transizione ecologica. Un’opportunità senza precedenti che ci consentirà non solo di affrontare l’emergenza ma anche di progettare la ripartenza dell’Italia all’insegna della crescita sostenibile», ha concluso.

lunedì 13 luglio 2020

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L'emergenza del governo. Già pronti 310 milioni per la cittadinanza a tutti

Maxi fondo del Viminale per gli uffici destinati all'accoglienza. Previsto un bonus per i dirigenti

Il governo giallorosso chiude gli occhi sul monitoraggio degli sbarchi degli ultimi giorni, omettendo di valutarne entità e comparazione con lo stesso periodo del 2019 al contempo però, non dimentica di mettere in campo ingenti risorse da destinare agli immigrati. Negli ultimi giorni il Viminale ha stanziato ben 310 milioni di euro (precisamente 309.880.000) per rafforzare il programma necessario ai funzionari per attivare l'iter del riconoscimento della cittadinanza italiana. Una cifra pressoché esagerata se si considerano i due passaggi che riguarderanno, uno la gestione del sistema informatico e l'altro, la formazione del personale. E altrettanto contando che la procedura è stata avviata dagli uffici senza pubblicazione del bando ma attraverso la sola trattativa privata. Modalità curiosa davvero a meno che il programma non sia avallato da vincoli di somma urgenza, - ma nei documenti non figura alcuna disposizione di celerità piuttosto, data l'ingente somma, come recita il codice degli appalti, il bando pubblico doveva essere doveroso. Al contempo invece si riconoscono anche 2.500 euro di bonus per Rup e direttore esecutivo.

Già, ma come accaduto anche in altre occasioni la maggioranza Pd Cinquestelle semplifica e sburocratizza a giorni alterni secondo il motto «Cicero pro domo sua». Solo quando conviene insomma. In questo caso specifico sembra proprio che il ministero dell'Interno vada di corsa per mettere a punto il miglior proposito per affrettare l'assegnazione della cittadinanza. Tuttavia se si va a misurare il rapporto realistico tra domanda e riconoscimento viene fuori che negli ultimi anni ben il 35% delle domande sono state rigettate per incompletezza di requisiti e insufficienza documentale. Vale a dire che i funzionari impegnati nella valutazione delle richieste le hanno rigettate per oltre un terzo delle volte. Chissà se a oggi questo nuovo sistema di calcolo e analisi, dato l'ingente costo, possa operare una scrematura delle domande già a monte. Si vedrà. Comunque sia, è evidente porre una sorta di domanda retorica: come mai proprio in questo momento così problematico per l'Italia, in cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si affanna a voler prorogare lo stato di emergenza fino al 31 dicembre prossimo, tra le priorità del Viminale ci sia il via libera a un progetto per l'assegnazione della cittadinanza agli immigrati? A oggi, a meno di inaspettate sorprese le proposte di legge sullo Ius soli e Ius sanguinis sembrano serrate nei cassetti della maggioranza, compresa quella relativa al Disegno di legge portato avanti dal presidente della commissione Affari costituzionali, il pentastellato Giuseppe Brescia fervido sostenitore del fatto che bambini immigrati che frequentano la scuola, siano già a priori cittadini italiani. E comunque sia la macchina amministrativa che si occupa di accoglienza ai migranti, malgrado lo stato di emergenza, si sta rimettendo in moto. Oltre a questa ingente somma di denaro ne è stata elargita un'altra, anche se è poca cosa in confronto: 7 milioni di euro per affidare ai mediatori culturali progetti contro la vulnerabilità sociale, psichica dei migranti e per impartire regole per la cura della salute. Cifra cui si aggiungono anche gli ultimi 110 milioni per la proroga di una porzione dei progetti Siproimi. E non ultimo ulteriori 102 milioni per le organizzazioni no profit che si occupano di integrazione sul territorio nazionale.


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Ultim'ora Conte: “Lo Stato non può essere socio di chi prende in giro le famiglie delle vittime”.

Presidente Giuseppe Conte, è soddisfatto delle proposte di transazione di Atlantia, cioè della famiglia Benetton, per il nuovo assetto di Aspi, cioè di Autostrade per l’Italia?

Per nulla e le spiego perché partendo dall’inizio. Due anni fa, dopo il crollo del ponte Morandi, abbiamo avviato la procedura di contestazione, mettendo in discussione la concessione ad Aspi. La mia sensazione è che Autostrade, forte dei vantaggi conseguiti nel tempo e di una concessione irragionevolmente rinforzata da un intervento legislativo, abbia scommesso sulla debolezza dei pubblici poteri nella tutela dei beni pubblici. A un certo punto Aspi si è irrigidita confidando, evidentemente, nella caduta del mio primo governo. Con questo nuovo governo si è convinta di avere forse delle carte da giocare e ha continuato a resistere. Solo all’ultimo si è orientata per una soluzione transattiva. La verità è che le varie proposte transattive fatte pervenire da Aspi non sono soddisfacenti. Lo Stato ha il dovere di valutarle per lo scrupolo di tutelare l’interesse pubblico nel migliore dei modi possibili. Ma adesso dobbiamo chiudere il dossier ed evitare il protrarsi di ulteriori incertezze.

Ma l’ultima proposta sembra migliorativa per lo Stato.

No. Proprio al fine di completare il procedimento, il 9 luglio si è svolta una riunione tecnica con il concessionario Aspi: lì i tecnici del governo hanno esposto i contenuti minimi e assolutamente inderogabili che devono caratterizzare la proposta transattiva perché possa essere portata e discussa in Consiglio dei ministri. E sabato è arrivata una risposta ampiamente insoddisfacente, per non dire imbarazzante: tutto meno che un’accettazione piena e incondizionata delle richieste del governo.

Ma l’azienda dei Benetton dice il contrario.

Le faccio qualche esempio. Manca l’impegno a manlevare la parte pubblica per tutte le richieste risarcitorie collegate al crollo del ponte Morandi. La somma di 3,4 miliardi offerta a titolo risarcitorio e compensativo per quella immane catastrofe è stata in buona parte imputata da Aspi a interventi di manutenzione che comunque il concessionario ha già l’obbligo di realizzare.

Chi la accusava di appiattirsi sul Pd ora dirà che è appiattito sui 5Stelle.

Mah, se ne sentono di tutti i colori. Un giorno sono appiattito su una forza di maggioranza, l’indomani su un’altra. La verità è che sono e mi ritroverete appiattito sempre e soltanto sull’interesse pubblico e sul bene comune.

Mezzo Pd e tutta Italia viva pensano che l’interesse pubblico sia lasciare la concessione ai Benetton con qualche ritocco.

Non ho dubbi che tutti i ministri e le forze di maggioranza, quando saranno chiamati alla decisione ultima – e adesso ci siamo – sapranno valutare i conclamati inadempimenti commessi da Aspi e l’incredibile dispendio di risorse pubbliche a vantaggio del privato che questa concessione ha prodotto nel tempo, con gravissimi danni per tutti i cittadini.

Molti, a cominciare da Iv, paventano in caso di revoca un contenzioso complicato che potrebbe costare allo Stato molti miliardi.

Pochi giorni fa la Corte costituzionale ha giudicato pienamente legittima la norma che avevamo confezionato per escludere Autostrade dalla ricostruzione del ponte Morandi, a causa della “eccezionale gravità della situazione”. Quel crollo, le 43 vittime, i gravi danni causati alla comunità genovese, costituiscono un gravissimo e oggettivo inadempimento del concessionario. In aggiunta abbiamo una lunga lista, accumulata nel tempo, di cattive o mancate manutenzioni, ordinarie e straordinarie, della rete autostradale. Senza contare che in questi quasi due anni abbiamo acquisito vari pareri giuridici che ci confortano ai fini della revoca della concessione: anzi, ci legittimano ad avanzare pretese risarcitorie molto consistenti. Non è lo Stato che deve soldi ai Benetton, ma viceversa.

Il suo governo rischia grosso e lei lo sa bene.

Io occupo una poltrona per risolvere questioni cruciali come questa nell’interesse dei cittadini, non per tirare a campare o regalare privilegi ai privati.

Ma lei, Benetton a parte, vuole statalizzare le imprese?

Sono cresciuto e sono stato educato nella cultura del libero mercato. Che però sia depurato da comportamenti predatori e pratiche commerciali scorrette. Detto questo, per favorire una pronta ripresa, dobbiamo e possiamo valutare azioni di sostegno alle imprese in difficoltà anche tramite interventi diretti dello Stato. Come stanno facendo anche altri Paesi europei. E per periodi limitati.

Voltiamo pagina. Molti ora la accusano di voler aggirare il Parlamento per prolungare lo stato di emergenza fino a fine anno, prendere i pieni poteri, forse anche rinviare le regionali sine die, con la scusa del Covid. La presidente del Senato Elisabetta Casellati dice che lei ha reso “invisibile” il Parlamento. Il giurista Sabino Cassese sul Corriere la paragona al modello Orbàn.

Chi evoca il modello Orbàn dice una sonora stupidaggine. Io non ho né voglio pieni poteri. Le elezioni regionali si terranno nella data stabilita. E il Parlamento non è mai stato né sarà mai scavalcato. Ho già chiarito che, sulla proroga o meno dello stato di emergenza Covid, abbiamo tempo per decidere sino a fine luglio. Sarà una decisione collegiale del governo, che verrà poi sottoposta al doveroso passaggio parlamentare con un’ampia discussione pubblica. Questo governo ha dimostrato con i fatti, non a parole, di aver sempre rispettato le Camere, riferendo su ogni decisione e limitando, anche nella fase più acuta dell’emergenza, le misure precauzionali allo stretto necessario, all’insegna dei criteri di adeguatezza e proporzionalità.

A che punto è il negoziato europeo sul Recovery Fund dopo il suo tour tra Spagna e Olanda?

Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha formulato una proposta di mediazione in vista del vertice del 17 e 18 luglio. L’aspetto positivo è che la sua proposta conferma l’ammontare del Recovery Fund e la sua ripartizione fra sussidi a fondo perduto e prestiti. Ma contiene alcuni aspetti critici che vanno superati. Confido che ciò avvenga già nella prossima riunione: il negoziato va finalizzato già entro questo mese.

Però il suo incontro col premier olandese Rutte è andato male.

Non direi, anzi, il clima era positivo. Sono orgoglioso per l’Italia nel leggere che sia Rutte sia il premier austriaco Kurz riconoscono il nostro ruolo di apripista per le riforme strutturali e l’accelerazione della spesa per investimenti, in modo da garantire una pronta ed efficace ripresa non solo all’Italia, ma a tutta l’Europa.

Lei gira l’Europa e intanto in Italia i topi ballano. Di Maio incontra Draghi e, pare, Gianni Letta. Molti, da Prodi e Renzi a un pezzo del Pd, corteggiano Berlusconi perché entri in maggioranza. La preoccupa questa frenesia di incontri fuori dal seminato della maggioranza?

Mah, l’unica “frenesia” che avverto io è quella di chiudere al più presto il negoziato europeo e far ripartire l’Italia con il “Piano di rilancio” che stiamo ultimando. Mi curo poco degli incontri altrui. Io i miei li ho già fatti, insieme ai ministri, nelle due settimane degli Stati generali: con 122 sigle associative, 34 personalità della società civile e molti cittadini, a cui abbiamo presentato e con cui abbiamo discusso 180 progetti. L’unica frenesia che adesso dobbiamo concederci è quella di attuare il maggior numero possibile di progetti nel minor tempo possibile.

Lei oggi incontrerà Angela Merkel. Che cosa le dirà?

Le dirò che le altre Istituzioni europee hanno saputo cogliere l’importanza di questa fase storica e interpretare il proprio ruolo anche sul piano politico. Adesso tocca a noi: ai capi di Stato e di governo. Il Consiglio europeo non potrà né dovrà essere da meno.

sabato 11 luglio 2020

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Silvio Berlusconi, conti in rosso per Forza Italia. Rischio fallimento

Forza Italia è un partito assediato dai debiti, a rischio fallimento. "Se non ci fosse il presidente Berlusconi a mettere mano continuamente al portafoglio, Forza Italia avrebbe portato già i libri in tribunale", spiega un big di lungo corso del partito, fotografando lo stato di salute di Fi alla luce dell'ultimo bilancio, quello relativo al 2019.

A pesare sulle casse c'è un passivo consistente di oltre 100 milioni di euro, che compromette e rischia di rosicchiare ogni entrata: basti pensare che i contributi del 4 per mille e del 2 per mille, in aumento e pari a quasi 2,5 milioni di euro, risultano congelati e ''totalmente pignorati presso il ministero dell'Economia da vari creditori''. A venire meno sono anche i 'contributi' degli eletti, deputati e senatori, specialmente consiglieri regionali e gli introiti delle quote associative. A gravare ci sono pure le spese sostenute per le campagne elettorali.
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Stato di emergenza Conte estende il provvedimento Covid fino al 31 dicembre

Il premier Conte ha deciso di estendere il provvedimento che termina in teoria il 31 luglio in modo da poter ancora emanare, se ne ce fosse bisogno, nuovi Dpcm, i decreti del presidente del Consiglio che hanno accompagnato gli italiani durante la fase 1 e 2 dell’emergenza Coronavirus.
Il governo prorogherà lo stato di emergenza per COVID-19 fino al 31 dicembre 2020. Il Messaggero scrive che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha deciso di estendere il provvedimento che termina in teoria il 31 luglio in modo da poter ancora emanare, se ne ce fosse bisogno, nuovi Dpcm, i decreti del presidente del Consiglio che hanno accompagnato gli italiani durante la fase 1 e 2 del Coronavirus. La spinta arriva dal Comitato tecnico scientifico e anche al Ministero della Salute sono consapevoli che sarà un passaggio necessario.
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L’alleato di Salvini in Ue contesta Conte in Olanda: “Non un centesimo agli italiani”. “Lega cambi slogan e dica ‘prima gli olandesi'”

“Non un centesimo per gli italiani“. È il cartello con cui il parlamentare d’opposizione olandese, Geert Wilders, leader del Partito per la libertà e alleato di Matteo Salvini in Europa, ha accolto il premier Conte, in visita da Mark Rutte. Lo contestazione è andata in scena davanti al Palazzo Binnenhof, sede del bilaterale Italia-Olanda. “Se sono questi gli alleati di Salvini la Lega cambi slogan: “Prima gli olandesi!” ha commentato il segretario del Pd Nicola Zingaretti. Zingaretti ha condiviso la foto di Wilders insieme a Salvini, con la scritta: “Ecco chi sono i suoi alleati”
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Scoperto il piano anti governo di Salvini, Berlusconi, Renzi e Prodi.

A me risulta molto chiara la strategia intrapresa da tutti i partiti, sempre insieme appassionatamente, per spianare la strada a nuovi ingressi in maggioranza o per far abbassare la testa al M5S che pretende la revoca delle concessioni autostradali ai Benetton. La prima parte della strategia in questione ha, come da prassi consolidata, la complicità dei media che lasciano dire, a canali unificati, al politicante di turno, che i parlamentari 5 Stelle sono tutti “scappati di casa”, disoccupati cronici e nullafacenti convinti. Sono, quindi, poveracci morti di fame che già solo per questa ragione non manderanno all’aria qualsiasi governo verrà loro proposto».

Così su Facebook la senatrice del Movimento 5 Stelle ed ex ministra del Sud Barbara Lezzi.

Beh, prendiamo me per esempio. Lavoro da quando avevo 19 anni, ininterrottamente. A quasi 41 anni vengo eletta in Senato con 21 anni di contributi già versati, una casa comprata con un mutuo e una macchina senza pretese ma comoda. Per queste ragioni, a circa 25 anni decido di andare a vivere per conto mio, pensate un po’ senza la necessità di scappare da casa ma ricevendo un bell’abbraccio dai miei genitori che mi garantirono che la porta di casa sarebbe rimasta sempre aperta per me. Ora sono in aspettativa. Sono stata spesso insultata perché sarei, a secondo dell’urlatore di turno una povera commessa, impiegata, ragioniera. Eh sì, perché per i brillanti politici di destra e sinistra il lavoro puzza, è una cosa brutta e cattiva. Ma come?!?! Questa non vive di denaro pubblico e vuol fare politica? D’altronde, chiedetevi cosa potrebbe mai fare per vivere Salvini? Immaginatelo a cercare lavoro, alzarsi presto la mattina, rispettare orari e funzioni. O, magari, immaginate Renzi o Faraone, Zingaretti o Francescini mentre vanno ad iscriversi all’ufficio di collocamento. Ah no, loro sono sempre garantiti da qualche fondazione o consiglio di amministrazione di qualche azienda pubblica», ha sottolineato Lezzi. 

La strategia» – prosegue il post – «vuole portare i cittadini a convincersi che saremmo noi quelli disposti a tutto pur di non tornare a casa. È vero il contrario. Sono tutti gli altri disposti a passare su 43 morti pur di non intaccare i loro interessi, pregressi e futuri. Sono capaci persino di dire che il M5S starebbe usando le vittime del ponte di Genova. Usando per cosa?
Noi non li dimentichiamo, gli altri vogliono ignorarli. Perché, ricordiamolo sempre, la storia delle concessioni è una questione di soldi, tanti soldi. È la storia di un inganno avviato da D’Alema, Prodi e Draghi e perfezionato da Berlusconi.
Ed è anche questa la ragione per la quale Salvini ha sempre ostacolato la revoca: non poteva disturbare il Cavaliere».

«Al contrario di questa gente, io non ho strategie. Non ho paura di tornare a casa dove mi aspettano un lavoro, una famiglia e una vita dignitosa. Perché i morti si onorano con le azioni e non con le passerelle e perché, se cedessimo e ignorassimo le vite spezzate dei nostri 43 concittadini, saremmo pronti a fare passi indietro su tutto.
E il Movimento 5 Stelle non è pronto a tutto. Abbiamo promesso ai familiari e ai cittadini italiani che avremmo revocato le concessioni. Non ci sono altre strade», ha concluso Lezzi. 

venerdì 10 luglio 2020

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L’ultimatum di Conte arriva proposta irrinunciabile o ci sarà la revoca"

Il presidente del Consiglio, intervenendo a margine del primo test sul Mose a Venezia, ha rinnovato l'ultimatum alla società. Ha anche confermato che durante l'incontro al ministero delle scorse ore, i tecnici hanno ribadito che le proposte di transazione di Aspi sono "irricevibili".
O arriva una “proposta irrinunciabile” da Aspi nelle prossime ore oppure il governo procederà con la revoca della concessione sulla rete autostradale. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conteintervenendo a margine del primo test complessivo sul Mose a Venezia, ha confermato l’ultimatum ad Autostrade per l’Italia. “Non possiamo più regalare soldi a nessuno”, ha detto, “e men che meno ai privati”. Una posizione confermata dalla ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli poco dopo: “Abbiamo ancora poche ore per attendere questa risposta, credo che Aspi sia nelle condizioni di capire e di sapere, dopo un lungo percorso che ha attraversato questi mesi, che cosa è quell’interesse pubblico indicato dal presidente del Consiglio”.
L’ultimatum di Conte – L’intervento del premier, che in parte era già stato confermato in un colloquio con la Stampa ieri mattina, è molto significativo perché arriva il giorno dopo l’incontro al ministero dei Trasporti dei tecnici del governo con i vertici dell’azienda. “In questi giorni”, ha spiegato oggi il presidente del Consiglio, “si sta completando la procedura di revoca, che è in corso. Ieri c’è stato un incontro presso il ministero delle Infrastrutture, in cui i tecnici del governo hanno rappresentato alla controparte e confermato le ragioni per cui le loro proposte di transazione non sono accettabili. Lo avevamo già detto. lo avevamo anticipato per le vie brevi, ieri è stato confermato, e a questo punto la procedura di revoca o arriva in extremis una proposta cui il governo non potrà dire di no, perché particolarmente vantaggiosa per la parte pubblica, oppure alla fine termina con una revoca”. 
E il motivo, ha detto ancora Conte nasce dalla tutela dell’interesse pubblico: “Noi ci occupiamo di tutelare l’interesse di tutti i cittadini italiani, alla manutenzione, alla sicurezza delle infrastrutture, agli investimenti e all’equilibrio economico-finanziario delle concessioni. Non possiamo regalare soldi a nessuno, men che meno ai privati”.

giovedì 9 luglio 2020

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Un bengalese sfida ogni legge é positivo e gira mezza Italia

Scatta l'allarme sanitario: gli inquirenti tentano di ricostruire l'intero tragitto del bangladese e di ritrovare tutti gli eventuali possibili contagiati: un'impresa ardua, specie per quanto riguarda gli spostamenti effettuati con treno regionale.

Rientrato in Italia lo scorso 23 giugno con un volo proveniente da Dacca, capitale del Bangladesh, era finito in isolamento domiciliare fiduciario. Ciò nonostante, ha deciso comunque di non rispettare le restrizioni e di mettersi in viaggio verso l'Emilia Romagna.

Al rientro alla stazione di Roma Termini, le sue precarie condizioni fisiche hanno attirato l'attenzione degli agenti della locale Polfer: rilevata una temperatura corporea superiore alla soglia di sicurezza, questi ultimi hanno fatto scattare subito l'allarme sanitario. Ora lo straniero affetto da Coronavirus, si trova ricoverato al policlinico Umberto I, ma il problema maggiore per gli inquirenti, entrati immediatamente in azione, sarà quello di ricostruire il tragitto del 53enne e ricercare eventuali persone entrate in contatto con lui o addirittura contagiate. Un percorso a ritroso difficile, se non addirittura impossibile, da effettuare, anche a causa dei racconti decisamente confusionari dell'extracomunitario.

Riavvolgendo il nastro, per il momento sappiamo con certezza che per quest'ultimo, giunto a Fiumicino con un volo proveniente dal Bangladesh martedì 23 giugno, era stato determinato dalle autorità un periodo di isolamento fiduciario di due settimane. Residente a Roma, il bangladese aveva comunque intenzione di spostarsi verso nord, per la precisione verso Milano Marittima (Ravenna).

Secondo quanto riportato da "Il Messaggero", il 53enne avrebbe riferito di aver affrontato la prima parte di viaggio (quella verso Rimini) utilizzando un taxi privato. Fin qui, dunque, solo una persona, ovvero il conducente, potrebbe aver avuto un contatto pericoloso col bangladese. È quanto accaduto in seguito a suscitare le maggiori preoccupazioni, dato che lo straniero da Rimini avrebbe poi proseguito coi suoi spostamenti, raggiungendo la destinazione finale e poi le Marche (a Falconara), prima di fare rientro sempre in treno a Roma.

Negli ultimi due spostamenti, quindi, l'extracomunitario avrebbe utilizzato dei convogli regionali, solitamente affollati, nei quali il mantenimento della distanza di sicurezza è decisamente più problematico. Sono questi i tragitti che preoccupano maggiormente gli inquirenti a causa del verificarsi di molteplici possibilità di contagio. Tornato a Termini, il 53enne aveva tosse e febbre, indizi che hanno fortunatamente attirato su di lui le attenzioni dei preposti agenti della Polfer a Termini.

Sicuramente positivo e sintomatico nel viaggio dalla Romagna al Lazio, resta anche il dubbio, non chiarito, che il 53enne potesse esserlo fin dall'arrivo in Italia. In questo caso anche la prima parte del suo viaggio (quella da Roma a Rimini e poi Milano Marittima) sarebbe da monitorare con altrettanta attenzione.

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Ultim'ora: Di Battista tuona, conta solo la revoca ai Benetton. Guardate cosa ha detto

“CONTA SOLO LA REVOCA”

«Italia sì, Italia no, Italia bum, la strage impunita» cantava Elio e le Storie Tese a Sanremo 1996. Quella canzone, “La terra dei cachi” è uno spaccato dell'Italia, dei suoi scandali, dei suoi limiti, di quello che noi cittadini abbiamo dovuto sopportare per decenni.

Ahimè una delle caratteristiche dell'Italia è proprio questa: le stragi impunite.

Sono passati 40 anni dalla Strage di Ustica e quel massacro è tutt'ora impunito. Nessuna verità e un Popolo volutamente tenuto all'oscuro e purtroppo abituato a reprimere la rabbia allo stadio o davanti alla TV.

Su Ustica la Vox Populi è piuttosto variegata. C'è chi ritiene che siano stati i francesi che confusero il DC-9 con l'aereo di Gheddafi ma non ci sono certezze.

Sulla Strage di Genova la Vox Populi è una sola e parla forte e chiaro: “è colpa di chi doveva fare la manutenzione del ponte”. Quindi di chi ha le concessioni autostradali, quindi di Autostrade per l'Italia S.p.A., quindi di Atlantia.

D'altronde i ponti non vengono giù da soli ed il Morandi non è stato mica bombardato. La Strage di Genova è avvenuta per “incuria”, “omesso controllo”, “consapevole superficialità”, “brama di profitto”. Sapete chi ha pronunciato queste parole? Ve lo dico tra poco.

Secondo l'ANAC (l'Autorità Nazionale Anti-Corruzione) Autostrade per l'Italia, la società dei Benetton, ha speso poco più di 33.000 euro all'anno per garantire la sicurezza del Ponte Morandi tra il 2005 e quel maledetto 14 agosto di due anni fa. 440.000 euro in tutto. 440.000 miseri euro se paragonati ai miliardi di euro di utili del gruppo Benetton.

Sempre l'ANAC parla di un'abitudine della società dei Benetton a occultare i dati: "È evidente che Autostrade per l'Italia S.p.A. Ha mostrato, in generale, una scarsa o nulla propensione alla condivisione di informazioni con soggetti deputati al controllo o, comunque, a garantire un presidio di trasparenza nell'interesse ed a tutela di tutta la collettività".
E ancora. Proprio ieri la Corte Costituzionale ha sentenziato che escludere Autostrade per l'Italia S.p.A. dalla ricostruzione del Ponte Morandi è una scelta del tutto legittima. Escludere nella ricostruzione del ponte crollato la società responsabile della sua manutenzione è legittimo, è giusto, è sacrosanto.
Revocare non per vendetta ma per ribadire quel potere di autotutela che lo Stato ha il dovere di esercitare nell'interesse del Popolo e della sua sicurezza.

Revocare la concessione a chi per “incuria”, “omesso controllo”, “consapevole superficialità”, “brama di profitto” è responsabile di quei 43 morti è un dovere di uno Stato che ha come obiettivo la costruzione di un'identità nazionale.
Ed è un dovere che lo Stato ha non solo nei confronti dei familiari dei morti della Strage di Genova ma anche nei confronti degli italiani che verranno. Revocare non serve come punizione ai Benetton di ieri ma come monito ai Benetton di domani!

“Nulla può estinguere il dolore di chi ha perso un familiare o un amico a causa dell’incuria, dell’omesso controllo, della consapevole superficialità, della brama di profitto”. L'ha scritto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in una lettera indirizzata ai parenti delle vittime il 14 agosto scorso, primo anniversario della Strage di Genova.

Quei parenti che, non a caso, dicono solo una cosa: “per noi conta solo la revoca”. E lo dicono perché hanno capito bene che la questione va oltre il Morandi, va oltre il loro dolore, va oltre la rabbia nei confronti di chi si è arricchito sfruttando beni della collettività. La questione riguarda la credibilità del Paese e la costruzione di un'identità nazionale che potrà esserci solo con la fine della stagione delle stragi impunite.
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Follia pura: Salvini si dichiara erede di Berlinguer. Avete visto?

“I valori di una certa sinistra, quella di Berlinguer, degli operai e degli insegnanti ora sono stati raccolti dalla Lega. Se il Pd chiude Botteghe Oscure e la Lega riapre sono contento, è un bel segnale”. Lo ha detto il leader della Lega, Matteo Salvini, a l’Aria che tira, in diretta su La7, commentando la prossima apertura della sede romana della Lega in via delle Botteghe Oscure, via della storica sede del Pci.Parole che hanno scatenato la pronta reazione del Pd. “Devono proprio andare male a Salvini i sondaggi per cercare di paragonarsi a Berlinguer. Quel paragone che ha fatto oggi, per via della sede in Botteghe Oscure, fa veramente orrore e pietà”. Lo scrive su Facebook il deputato e membro della segreteria Pd Emanuele Fiano. Dello stesso avviso il capo dei senatori dem Andrea Marcucci: “Non sono mai stato un militante del Pci ma pensare che Salvini paragoni la Lega al partito di Berlinguer mi fa indignare”.
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Gassmann torna all’attacco contro Salvini sui social: “Lui e Bolsonaro due cogl

Alessandro Gassmann torna con uno dei suoi tweet al vetriolo e va a colpire il Presidente del Brasile Jair Bolsonaro, risultato positivo al coronavirus, e – per non perdere l’abitudine – il leader della Lega Matteo Salvini. I due sono stati spesso accostati sia per le dichiarazioni rilasciate sia per il populismo estremiste che esprimono. Gassmann, quindi ci ha tenuto a commentare la notizia della positività di Bolsonaro, e lo ha fatto a modo suo, in modo ironico e in romanesco: “Er coso Brasigliano s’è pijato er covid, sto poraccio… daje a dije metti a maschera, nun fa ’r cojone, dai l’esempio… gnente, ha fatto come voleva e mo so cazzi sua… e meno male che in Italia nun ce stanno cojoni così!!! ah…dimenticavo… scusate, ho detto na stronzata”. E sotto mette la foto di Salvini.
Gassmann, quindi, ha dato direttamente dei “coglioni” a Salvini e Bolsonaro. Non è la prima volta che l’attore passa all’attacco contro il leader della Lega, portando così avanti uno scontro social che va avanti da diverso tempo. “Non ho votato Salvini, non condivido in nessun modo le sue idee”, ha più volte detto Gassmann. In passato, tramite Twitter, l’attore aveva già attaccato Salvini. Era il 2016, e Gassmann aveva commentato la vittoria della Brexit con una foto del leader del Carroccio, immortalato durante una smorfia.
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Matteo Renzi chiede lo stop al reddito di cittadinanza

Matteo Renzi torna a criticare il reddito di cittadinanza, la misura chiave nel programma di governo del Movimento Cinque Stelle: “La mossa del cavallo questa: basta reddito di cittadinanza, sussidi e assistenzialismo. Ieri è stato approvato il piano shock in piccolo nel decreto Semplificazioni. Il vero ruolo di Italia Viva è questo: ci dicono che siamo folli e poi ci danno ragione”, ha detto.

Ieri è stato approvato il piano shock in piccolo nel decreto Semplificazioni. Il vero ruolo di Italia Viva è questo: ci dicono che siamo folli e poi ci danno ragione. Certo, con lo sblocca cantieri ci hanno messo 8 mesi ma alla fine c'è. La mossa del cavallo questa: basta reddito di cittadinanza, sussidi e assistenzialismo": così Matteo Renzi, alla presentazione del suo nuovo libro a Roma, è tornato ad attaccare il reddito di cittadinanza, affermando che il Paese non possa riprendersi dall'emergenza coronavirus tramite sussidi e assistenzialismo.

Alcuni giorni fa l'ex presidente del Consiglio era intervenuto per commentare gli equilibri, spesso complicati, tra le forze di maggioranza. E in particolare con il Movimento Cinque Stelle. In quell'occasione parlando del Meccanismo europeo di stabilità: "Avete presente gli 80 euro? Li chiamavano ‘mancia elettorale’. Dopo anni di critiche ci hanno messo qualche euro in più ed è diventata la loro ‘grande rivoluzione’. Con il Mes andrà allo stesso modo. Si inventeranno qualcosa per renderlo digeribile sui giornali. Ma la sostanza è che quei soldi ci servono, punto. E li prenderemo. Questa è politica, non populismo".

Su questo tema, proprio come sul reddito di cittadinanza, la misura cavallo di battaglia dei pentastellati, il leader di Italia Viva non ha mai nascosto le profonde differenze con gli alleati di governo. Più volte ha lanciato appelli affinché il provvedimento venisse abolito. In un'intervista con il direttore di Fanpage.it, Francesco Piccinini, parlando del reddito di emergenza messo in campo dal governo per consentire alle famiglie in situazioni di profonda difficoltà economica di far fronte al lockdown, Renzi ha commentato: "Lei sa cosa penso del reddito di cittadinanza. In questa fase c'è sicuramente bisogno di dare una mano per un periodo specifico e transitorio a chi non ce la fa. Se si vuole immaginare una misura provvisoria è più comprensibile rispetto al reddito di cittadinanza. Una parte dei nostri politici vorrebbe un reddito d'emergenza strutturato, come il reddito universale che vorrebbe Grillo. Per me questo è profondamente sbagliato".


mercoledì 8 luglio 2020

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Ultim'ora: Toninelli, Se fossi stato ai Trasporti i Benetton il Ponte di Genova se lo sognavano”

Salvini e la Lega sul Ponte di Genova devono solo tacere. Nel Conte1 si sono opposti alla revoca quando avrebbero potuto votarla col M5S. Hanno sempre frenato e messo i bastoni tra le ruote. Ora il Pd non faccia come Salvini e ci permetta di togliere ai Benetton le nostre autostrade”. Così in una nota il senatore M5s Danilo Toninelli. L’ex ministro ha poi aggiunto: “Se fossi stato ai Trasporti i Benetton Ponte Genova se lo sognavano, la linea nostra non cambia di un centimetro il ponte non deve essere dato ai Benetton”
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Ultim'ora sondaggi : Salvini sta crollando. Ora la lega è in discesa

Meno di due punti separano il Partito Democratico dalla Lega.

È questo il quadro delineato dall’ultimo sondaggio Ixè per Cartabianca, trasmissione condotta da Bianca Berlinguer su Rai 3.

Il Carroccio si conferma primo partito italiano con il 23,9%. Il Pd cresce e si attesta al 22,0%.

Il Movimento 5 Stelle cede qualche decimale: i pentastellati, che sono dati al 15,4%, hanno perso 2 punti in un mese.

In calo anche Fratelli d’Italia e Forza Italia, che sono dati rispettivamente al 13,8% e al 7,2%.

Crescono i partiti minori Più Europa (+0,4%), La Sinistra (+0,6%) e Azione (+0,4%). Italia Viva invece non supera la soglia del 3 per cento

Quanto alla fiducia degli italiani per il premier Giuseppe Conte, il 55% degli intervistati si dice soddisfatto del suo operato. Il 59% degli italiani pensa che l’esecutivo giallorosso non cadrà prima dell’elezione del Presidente della Repubblica, nel 2022. Un terzo degli intervistati crede che il governo riuscirà a concludere la legislatura, nel 2023

Per quanto riguarda la fiducia dei leader rilevata da Ixè, il presidente del Veneto Luca Zaia perde 3 punti, scendendo al 46%, ma rimane al secondo posto dopo il premier Conte (55%). A seguire: Meloni (31%), Salvini (30%) e Zingaretti (26%). All’ultimo posto c’è Matteo Renzi.

Ixé ha anche sondato gli intervistati sul centrodestra: secondo il 36% dovrebbe essere Matteo Salvini a guidare la coalizione, mentre il 34% vorrebbe Giorgia Meloni leader.


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Ultim'ora: Il M5s fa ricorso sui vitalizi e sprona Pd e Lega: "Cancelliamo questo scempio"



 

 


Il Movimento 5 stelle farà ricorso al Senato contro la decisione della Commissione Contenziosa di palazzo Madama, che ieri sera ha cancellato il taglio dei vitalizi degli ex senatori, infliggendo un duro colpo alla storica battaglia pentastellata. Ma i 5 stelle non demordono e anzi rilanciano, spronando Lega e Pd, insorti entrambi contro il colpo di spugna, a lavorare insieme per cancellare definitivamente "questo scempio".


"Accolgo con favore il fatto che Lega e Pd sono dalla nostra parte su questa battaglia. Possiamo quindi muoverci per fare le leggi necessarie", afferma Vito Crimi. È un coro unanime di disappunto quello che si leva dalle forze politiche, che in maniera bipartisan (con il 'distinguo di Forza Italia) stigmatizzano la decisione della Commissione Contenziosa. La presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha tenuto a specificare che la presidenza "non c'entra nulla con la decisione della Commissione, che è un vero e proprio tribunale".

Detto questo, "a me dispiace molto che questa decisione sia intervenuta in un momento cosi' difficile per gli italiani", ma "comunque la sentenza è appellabile". Ed è proprio questa la strada che i 5 stelle intendono intraprendere: "A breve proporremo al Consiglio di Presidenza del Senato di fare ricorso contro il ripristino dei vitalizi", annuncia Paola Taverna, che spiega: "La decisione presa ieri dalla Commissione Contenziosa può essere rivista dal secondo e ultimo grado di giudizio interno di Palazzo Madama, il Consiglio di Garanzia. Questa è l'unica cosa da fare se veramente vogliamo spazzare via per sempre quel privilegio insopportabile".

E di fronte all'indignazione pressochè unanime delle forze politiche, i pentastellati rilanciano: "Se molti partiti sono d'accordo nell'eliminare questo ingiusto privilegio, allora collaboriamo tutti assieme perché i vitalizi non vengano ripristinati, soprattutto adesso che i nostri concittadini si aspettano che la politica sia anche da esempio, abbandonando forme di egoismo elitario", afferma il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà.

Non mancano, tuttavia, le polemiche e le accuse incrociate: se la Lega rivendica di essere stata l'unico partito ad aver votato contro in Commissione la cancellazione del taglio dei vitalizi, garantendo "le barricate", e Matteo Salvini annuncia una raccolta firme il 4 e 5 luglio per dire no anche "al rientro dalla finestra dei vitalizi per gli ex parlamentari", i 5 stelle osservano: "Sono le solite parole vuote di Salvini, servono i fatti. Quelli che ad esempio sono mancati ieri sera da parte della Lega: si sono detti contrari alla decisione presa dalla Commissione ma hanno fatto ben poco per fermarla e per convincere gli alleati di Forza Italia", sostiene Taverna.

Nel mirino, infatti, finisce proprio il partito di Berlusconi, il cui senatore Giacomo Caliendo ha votato ieri a favore dello stop al taglio. Ma gli azzurri replicano piccati: "Non accettiamo lezioni: i vitalizi sono stati aboliti nel 2012 dal centrodestra. Forza Italia lavora da sempre per avere un sistema politico e istituzionale meno costoso e più efficiente. è comprensibile che chi si ritiene danneggiato da una delibera scritta male provi ad aprire un contenzioso, ma non è certo questo il momento storico ed economico per farlo".

Fratelli d'Italia punta invece il dito contro il Pd, ricordando che i dem fecero "muro contro la legge che impediva le pensioni d'oro e che riguardava anche i vitalizi", sostiene Giorgia Meloni, che tiene a sottolineare come il suo partito non sia presente nella Commissione Contenziosa. Replica il Pd: "Il blitz della Commissione presieduta dal forzista Caliendo è inaccettabile", premette la vicepresidente dem Debora Serracchiani. Quanto alle accuse di FdI, "rinvio al mittente le insinuazioni di Meloni e le ricordo tra l'altro che, da presidente Pd del Friuli Venezia Giulia, ho abolito i vitalizi in Regione, tra i primi in Italia".

Anche Iv chiede di "porre rimedio attraverso una soluzione inattaccabile giuridicamente e di equità nei confronti delle persone", spiega Marco Di Maio. "Per fermare il ripristino dei vitalizi non servono piazza o raccolta firme, basta che la scelta sia impugnata davanti al Consiglio di Garanzia che è composto da 5 senatori di Lega, Pd, FI e FdI.

Zingaretti, Salvini, Meloni e Berlusconi diano questa indicazione ai loro", scrive il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano. Intanto i pentastellati assicurano che nulla cambierà a Montecitorio: "Alla Camera andremo avanti con il taglio", assicura il Questore Francesco D'Uva. 
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Ecco la stangata finale: Salvini va' a processo.

Difenderò qualunque leghista indagato da quella schifezza che si chiama magistratura italiana che è un cancro da estirpare", parole che hanno comportato l'apertura di un fascicolo nei confronti del leader del Carroccio, a processo il prossimo 19 ottobre.

Vilipendio dell'ordine giudiziario,. Questo il capo di imputazione contestato a Matteo Salvini e dal quale l'ex ministro dell'Interno dovrà difendersi in un'aula del tribunale di Torino lunedì 19 ottobre. Un'udienza che, in realtà, era in previsione per lo scorso 2 marzo, ma che poi venne rinviata a causa dello scoppio improvviso dell'emergenza coronavirus sull'intero territorio nazionale.

La procura della Repubblica di Torino aveva aperto un fascicolo a causa delle frasi pronunciate dal leader del Carroccio durante un comizio tenuto presso il Palasport di Collegno durante il 14 di febbraio del 2016, ritenute lesive nei confronti della magistratura.

Salvini aveva parlato dell'inchiesta "Spese Pazze", nella quale erano rimasti coinvolti alcuni colleghi di partito della Liguria e del Piemonte: risultato di questa la condanna a 3 anni e 5 mesi di Edoardo Rixi, allora vicesegretario. "Difenderò qualunque leghista indagato da quella schifezza che si chiama magistratura italiana che è un cancro da estirpare", aveva tuonato allora Salvini dal suo palco.

Una frase che non aveva lasciato per nulla indifferente il procuratore della repubblica di Torino, in quel momento Armando Spataro, il quale non aveva perso tempo a procedere nei confronti dell'allora europarlamentare leader del Carroccio. Un fascicolo aperto tra l'altro poco prima di andare in pensione, e successivamente affidato alle cure del successore, ovvero il procuratore aggiunto Emilio Gatti.

Numerose le sollecitazioni inoltrate al ministero della Giustizia per poter procedere nei confronti di Salvini, con Bonafede che autorizzò l'inchiesta dopo circa due anni e mezzo dal fatto incriminato. Una decisione che sollevò un vespaio di polemiche, con la legale del leader della Lega che chiese immediatamente di ridefinire il caso, in realtà più vicino ad una "diffamazione" piuttosto che ad un "vilipendio". Una richiesta rispedita al mittente da parte del giudice incaricato. "Bisogna distinguere tra corpo della magistratura e ordine giudiziario. Così come tra il vilipendio, che è un attacco al potere giudiziario e alla sua funzione, e la diffamazione", aveva dichiarato allora Claudia Eccher"Le parole di Matteo Salvini sono state una legittima espressione di critica verso quei giudici che, nell’esercizio delle loro funzioni, fanno attività politica e avvelenano l’operato degli altri magistrati".

L'avvocato ha commentato anche nelle scorse ore la notizia del prossimo processo, ribadendo ancora una volta "la piena disponibilità da parte di Salvini a partecipare all’udienza".

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Berlinguer a Cartabianca sbugiarda Salvini sul plexiglas (e lui dimostra di non aver letto le direttive)

La conduttrice sbugiarda il Capitano sulla fregnaccia del plexiglas a scuola. E lui: “Perché, chi gliel’ha detto?”. Ma allora non ha ancora letto le linee guida che sta criticando da settimane…
Ieri a Cartabianca Matteo Salvini ha cercato di veicolare di nuovo la bufala del plexiglas a scuola, ma stavolta Bianca Berlinguer l’ha stoppato e gli ha fatto notare che stava dicendo fregnacce. Mentre faceva il suo solito numero dell’elenco, il Capitano ha detto: “Stanno litigando sul plexiglas dei nostri figli a scuola, stanno litigando su tutto”. E Berlinguer: “Quello l’hanno tolto, onorevole Salvini, non c’è più il plexiglas, non è previsto”. Il Capitano ha replicato: “Ma perché, chi gliel’ha detto?”. E la conduttrice gli ha risposto che nelle direttive per il ritorno a scuola il plexiglas non è previsto.
Infatti nelle linee guida per la scuola che il governo ha presentato venerdì non c’è traccia di plexiglas. La storia del plexiglas a scuola uscì quando due giornali, il Corriere della Sera e La Stampa, pubblicarono agli inizi di giugno un’idea per il distanziamento presentata dall’azienda BC Studio di Mantova che prevedeva l’uso di barriere di plexiglass tra le postazioni e i banchi di cui poi si parlò anche in una riunione con la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina con i sindacati e con il premier Giuseppe Conte.
La proposta venne abbandonata già nei giorni successivi e non fece mai parte delle linee guida per il ritorno a scuola. Ciò nonostante, da quando ha deciso di utilizzare la scuola come oggetto di propaganda, Salvini ripete a pappagallo questa storia del plexiglas: l’ultima volta lo aveva fatto durante la visita a Codogno. È una strategia di comunicazione ben precisa quella del Capitano, che inventa e mette in giro fregnacce sugli avversari politici che non hanno alcun senso se non nell’ottica di fare terrorismo. Il problema è che, a sentire l’ovazione che accoglie la presa di posizione a Codogno, c’è persino qualcuno che ci crede. Così quando il 14 settembre le scuole riapriranno senza plexiglas lui potrà dire che è tutto merito suo. Ma va segnalato anche il meraviglioso “Chi gliel’ha detto?” di Salvini a Berlinguer quando viene contraddetto: se fa questa domanda significa che né lui né il resto del suo partito compreso chi occupa di scuola ha mai letto le linee guida. Però tutto fa brodo pur di veicolare informazioni false per lucrare consenso politico.

martedì 7 luglio 2020

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Vigili del Fuoco, il via libera del governo ai 165 milioni per l’aumento degli stipendi. L’ok dopo lo scontro con la Lega alla Camera

Il Governo stanzia 165 milioni di euro che serviranno per avviare l’equiparazione degli stipendi dei Vigili del Fuoco a quelli delle Forze dell’ordine. Uscita dal Dl Rilancio, la misura ha infatti trovato posto nel Dl Semplificazioni approvato questa notte da palazzo Chigi. Il lieto fine non era del tutto scontato dopo gli scontri che erano andati in scena negli ultimi giorni in Commissione Bilancio della Camera dove la Lega aveva respinto un emendamento del M5S finalizzato ad inserire il provvedimento nel dl Rilancio. “Abbiamo inserito la norma che prevede l’aumento degli stipendi dei Vigili del Fuoco. La Lega, per fare ostruzionismo al governo e alla maggioranza, aveva bloccato questo emendamento. Come promesso le risorse ci saranno”, scrive il ministro degli Esteri Luigi Di Maio su Facebook. “È incredibile! ministri che incolpano la Lega di non risolvere i problemi dei Vigili del Fuoco. A Di Maio, che parla a vanvera, consigliamo di concentrarsi almeno su una delle partite che gli competono tra Cina, Egitto, Libia, Venezuela” replica Massimiliano Romeo presidente dei senatori leghisti.
Un botta e risposta che segue la querelle alla Camera degli ultimi giorni. Firmato dai relatori di maggioranza, non era stato ammesso alla votazione perché, da regolamento della Camera dei deputati, lo sono solo quelli che attengono alla materia di discussione. Uno scoglio che avrebbe potuto essere superato solo se il testo fosse stato firmato da tutti i gruppi, di maggioranza e opposizione. Al momento della votazione la Lega si era però tirata indietro ed era scattato immediatamente lo scambio di accuse tra il Carroccio e il Movimento 5 Stelle. “In questo modo i 165 milioni già in bilancio restano bloccati e non andranno ad incrementare gli stipendi dei vigili del fuoco da luglio” aveva scritto in una nota il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia. “Incredibilmente la Lega si è opposta prima nella persona del presidente della commissione Bilancio Borghi – ha raccontato la deputata Vittoria Baldino – che per due volte ha dichiarato l’emendamento inammissibile, poi del capogruppo Massimo Garavaglia che, quando tutti i capigruppo erano a favore della ammissione, ha ritirato la sua firma”. Opposta la versione della Lega. “Il M5S mistifica la realtà”, aveva dichiarato il senatore Stefano Candiani, ex sottosegretario all’Interno della Lega con il governo gialloverde, secondo cui “se non sono arrivati i 165 milioni è tutta colpa dell’esecutivo giallorosso, che prima dimentica di destinare risorse ai vigili del fuoco nel decreto Rilancio e poi tenta in extremis di metterci una toppa come sempre peggiore del buco”. A creare malumore era stata anche un’aggiunta delle tabelle relative agli stipendi allegate al testo solo all’ultimo minuto. Trentadue pagine in più: nulla di nuovo, però, rispetto al testo dell’emendamento – avevano confermato a ilfattoquotidiano.it voci interne alla Commissione Bilancio – nelle tabelle rese note ai diretti interessati da marzo 2020 e che, però, sarebbero state aggiunte a ridosso della votazione. Candiani aveva anche tirato in ballo i sindacati, “che hanno già espresso il proprio profondo rammarico per non essere stati coinvolti”.

LE CRITICITÀ DELL’EMENDAMENTO – L’emendamento proposto in Commissione bilancio presentava effettivamente delle criticità. Come spiega Boriassi “alla base del testo c’era una proposta redatta dal Dipartimento dei vigili del fuoco con il quale, però, c’è stato solo un incontro in videoconferenza e nessuna possibilità di contraddittorio in diretta”, mentre più volte è stato chiesto un incontro con il ministro Lamorgese, senza che vi sia stata alcuna risposta. Tutto questo, in assenza di un sottosegretario, dato che non sono state ancora attribuite le deleghe in materia. Due, secondo Conapo, i punti irrisolti dell’emendamento: “Uno riguarda il trattamento retributivo fisso per il quale si prevede un importo mensile dell’assegno di specificità inferiore (ma con decorrenza anticipata di tre anni) rispetto all’assegno funzionale delle corrispondenti qualifiche delle forze di polizia”. Questo garantisce un pari importo complessivo per un vigile che inizia ora una carriera di circa 34 anni di servizio, ma penalizza i colleghi con più anzianità, in particolare quelli assunti da oltre 17 anni. Non solo per quasi vent’anni questi lavoratori sono stati pagati meno rispetto alle altre forze dell’ordine (e nulla si può più fare in merito), ma non avranno lo stesso trattamento neppure dal 2022 e fino alla pensione.

“Chiediamo delle risorse aggiuntive per compensare questa differenza” spiega Boriassi. Per il sindacato è necessario modificare il testo per utilizzare in questa direzione risorse destinate ad altri scopi. Esempi sono gli 8 milioni che dovrebbero andare a “impiegati che non soffrono di alcuna sperequazione” o i 12 milioni “sprecati nell’incremento del monte ore straordinario che non c’entrano nulla con l’armonizzazione retributiva”. Il secondo punto critico riguardava il trattamento accessorio e la necessità di adeguare le indennità per il lavoro notturno, festivo e superfestivo alle analoghe indennità delle forze di polizia. Un aspetto che interessa tutto il personale in turnazione di qualsiasi anzianità e che ad oggi rappresenta un gap di 175 euro al mese. “Insomma – spiega Boriassi – il rischio è che quel testo vanificasse tutto l’iter che ci ha condotto alla stanziamento da 165 milioni, prevedendo lo spreco di risorse che, dobbiamo ricordarlo, già non coprono tutte le necessità”Il fatto che non sia stato approvato “ci lascia la speranza di poterlo modificare e pare che il prossimo obiettivo sia il decreto Semplificazioni, mentre se fosse stato già approvato la discussione si sarebbe chiusa. E ci avrebbe lasciato l’amaro in bocca”.

LA LUNGA BATTAGLIA DEI VIGILI DEL FUOCO – Da vent’anni i Vigili del Fuoco lottano affinché i propri stipendi vengano equiparati a quelli delle Forze dell’ordine. L’obiettivo ha un costo complessivo di 220 milioni l’anno, che ci sono solo in parte. Lo scorso dicembre, con la legge di Bilancio, ne sono stati stanziati appunto 165. Le istanze dei sindacati erano state recepite già nel contratto del governo (Conte 1) con un impegno verso l’adeguamento delle retribuzioni ai livelli previsti per le forze dell’ordine. Matteo Salvini e Stefano Candiani, all’epoca ministro dell’Interno e sottosegretario, hanno fatto quantificare il gap tra gli stipendi dei vigili del fuoco e quelli delle altre forze dell’ordine, quantificando la somma in 220 milioni di euro all’anno. Stessa cifra indicata nel disegno di legge 1477, presentato il 30 agosto 2019 dal gruppo della Lega. “Dopo l’insediamento del secondo governo Conte – spiega Riccardo Boriassi, portavoce nazionale del sindacato Conapo – il premier ha convocato un incontro con il ministro Lamorgese. Ci è stato detto che le risorse non c’erano e che si sarebbe potuti arrivare al massimo a 20 milioni di euro. A novembre abbiamo organizzato una manifestazione storica in Piazza Montecitorio e in quell’occasione il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia ci ha manifestato l’appoggio del Movimento 5 Stelle e l’impegno a stanziare le risorse necessarie nella legge finanziaria”. Il resto è storia: 165 milioni, finalizzati solo alla misure di armonizzazione retributiva escludendo quelle previdenziali. “Mancano 55 milioni strutturali, ma queste risorse rappresentano un grosso passo come non c’è mai stato nella storia dei Vigili del Fuoco”, ha spiegato Piergallini nei giorni scorsi, davanti alla commissione Affari Costituzionali del Senato, raccontando quello che stava accadendo.


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Ultim'ora: Altro duro colpo alla mafia Romana. Arrestati 28 esponenti della famiglia Senese.

Lo Stato ce la fa, lo Stato è più forte. La criminalità è una minoranza ed è destinata ad essere sconfitta. Oggi duecento uomini della Squadra Mobile Di Roma e della Guardia di Finanza lo hanno dimostrato a Roma, nella capitale di tutti gli italiani: hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 28 esponenti della famiglia Senese. 

Si tratta di un clan di camorristi che stava provando ad imporsi sul litorale laziale, un gruppo criminale accusato di reati odiosi come, tra gli altri, estorsione e usura. 

E’ il frutto di un’imponente operazione di investigazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia: li hanno colpiti al cuore, sequestrando beni e aziende del valore di 15 milioni di euro. Ai magistrati, agli investigatori, agli uomini delle forze dell’ordine voglio dire “grazie”. Lo stesso ringraziamento che rivolgo agli imprenditori e ai cittadini che hanno denunciato questi criminali. 

Ostia sta rinascendo grazie a tutti. C’era chi immaginava che - dopo gli arresti degli Spada, dei Di Silvio, dei Triassi e dei Fasciani – ci fosse spazio di conquista criminale. Invece, lo Stato li ha respinti. Secondo le accuse, il clan Senese aveva chiesto un pizzo del 30% alla ditta che ha vinto, in modo trasparente, l’appalto per il rifacimento della Fontana dello Zodiaco ad Ostia. Un appalto pubblico, indetto da Roma Capitale proprio per evitare infiltrazioni criminali. 

A breve la fontana sarà consegnata ai romani: si tratterà di una vittoria della legalità, una vittoria di tutti i cittadini onesti e delle forze dell’ordine. Lo Stato vince. Le Istituzioni unite vincono.
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Arrestato per camorra il fratello della senatrice Cirinnà (PD).


C’è anche Claudio Cirinnà, 54 anni, nel blitz che stamattina ha smantellato il clan del camorrista Michele Senese. È il fratello di Monica Cirinnà, parlamentare del Pd nonché “madre” della legge che nella passata legislatura ha introdotto in Italia le nozze gay. Anche per lui sono scattate le manette in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emanata dal Gip su richiesta della Dda di Roma. L’accusa ipotizzata a suo carico (e che dovrà essere sancita da sentenza irrevocabile) è di riciclaggio. Avrebbe cioè reinvestito capitali illeciti. Già nel 2015 il fratello della deputata era stato coinvolto in una vicenda di traffico di carburante.

Claudio Cirinnà è accusato di riciclaggio
Senese, che il Cirinnà avrebbe agevolato impiegandone i proventi, è un boss d’importazione. È infatti originario di Afragola, grosso centro alle porte di Napoli. Negli ambienti della malavita organizzata è noto come o’ Pazzo. Un nomignolo affibbiatogli prima ancora che da una perizia medica, dalle stramberie da lui stesso raccontate. Quasi mitica quella in cui disse di essersi risvegliato parlando il tedesco. Un’altra volta accusò le guardie di volerlo avvelenare. Pazzo o solo furbo che fosse, Senese ha scansato le patrie galere sin da giovanissimo. Circostanza, questa, che conta molto tra gli affiliati nella valutazione di una carriera criminale
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Ultim'ora: Ancora guai per Berlusconi. Il giudice annuncia querele.

«Ho ricevuto mandato dal dottor Antonio Esposito di adire le vie legali nei confronti di tutti coloro che si siano resi responsabili della gravissima diffamazione ai suoi danni posta in essere nel corso della trasmissione andata in onda ieri sera su Rete 4 ‘La Quarta Repubblica’».Lo ha fatto sapere l’avvocato Antonio Grieco, difensore del giudice Antonio Esposito.Il legale ha denunciato «numerose faziosità, distorsioni e omissioni di cui è infarcita la diffamatoria trasmissione» e si è limitato «in via esemplificativa ma non limitativa, a segnalarne» alcune.Sull’episodio delle dichiarazioni raccolte da uno dei legali di Berlusconi, allegate al suo ricorso alla Cedu, «da un bagnino termale, un cameriere e uno chef di un albergo di proprietà dell’ex sindaco di Lacco Ameno, parlamentare di Fi, coordinatore regionale di FI, legatissimo al Berlusconi, con le quali i tre dipendenti accusavano Esposito di avere ‘di continuo’ usato espressioni volgari e minacciose riguardanti il predetto Berlusconi» l’avvocato Grieco considera «estremamente grave» il fatto che «il conduttore ha omesso di dare notizia della fondamentale circostanza che il dottor Esposito, come venne a conoscenza di tali dichiarazioni, ebbe a sporgere querela nei confronti dei tre dipendenti per le false affermazioni a lui attribuite e dai lui mai fatte, e ha omesso altresì di ricordare che, a seguito di tale querela, fu istaurato procedimento penale attualmente pendente presso la Procura della Repubblica di Napoli».Grieco ha anche dichiarato che se durante la trasmissione «fosse stata mostrata tutta la copertina» del fascicolo processuale a carico del Berlusconi documento da cui risultava che la prescrizione per il processo Mediaset era fissata al 1 agosto del 2013 «come correttezza avrebbe imposto, i telespettatori avrebbero avuto modo di notare che nella parte alta della copertina era scritto a caratteri cubitali CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE e che, in altra parte della copertina, vi era l’annotazione proveniente dal magistrato dell’ufficio preliminare dei ricorsi della Terza Sezione Penale della Corte (quella di Amedeo Franco) del provvedimento: ‘Alla sezione feriale considerato il termine di prescrizione” (provvedimento poi ribadito su apposito modulo dal magistrato della Terza sezione Luca Ramacci che, dopo aver ribadito ‘urgentissimo’, “dispone l’assegnazione del procedimento alla Sez. Feriale considerati i termini di prescrizione, 01.08.2013)».«La visione completa della copertina» – ha affermato ancora l’avvocato Grieco – «avrebbe fatto comprendere ai telespettatori che il processo venne innanzitutto assegnato, come di regola, alla competente sezione (la Terza, quella di Franco); e che fu tale sezione ad ‘assegnare’ il procedimento ‘alla Sezione Feriale considerato il termine di prescrizione’. La visione di tale provvedimento contenuto sulla copertina della Corte Suprema di Cassazione avrebbe dimostrato, altresì, la falsità delle affermazioni rese dal Franco nell’inquietante colloquio del giudice (oramai defunto) con il condannato allorquando parla: “in effetti lì hanno fatto una porcheria perché che senso ha mandare il fascicolo alla Feriale».
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SIAMO SCOMODI. Hanno chiuso il nostro blog perché dicevamo Verità scomode. NOI NON MOLLIAMO


ATTENZIONE - Hanno segnalato il nostro blog ed è stato chiuso. Siamo scomodi, diciamo la verità, ma ripartiamo più forti con il nuovo BLOG. 
Iscrivetevi al nuovo blog https://newsdiretta.blogspot.com
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SIETE LA VERGOGNA: Parla Paniz, l'avvocato dei vitalizi, vanno risarciti gli arretrati. COSA NE PENSATE?


Anche oggi dichiarazioni e interviste di ex parlamentari che rivendicano il diritto, e la necessità, di riavere il vitalizio. C’è anche chi vorrebbe gli arretrati e magari pensa di chiedere gli interessi. 
Tra questi ci sono ex parlamentari che nella loro storia politica hanno più volte cambiato casacca, saltando da una parte all’altra con estrema semplicità. 
Ce ne sono alcuni che sono stati in parlamento per pochi giorni. 
Poi ci sono quelli che adesso con “soli 3000 euro al mese” dicono di avere difficoltà economiche.
La politica è passione, impegno, dedizione. Fare politica significa servire il proprio Paese, il proprio popolo. 
Nel corso degli anni invece c’è stato chi ha pensato solamente a guadagnare dalla politica. A trarne benefici e fare profitti. 
Una politica abituata a privilegi inauditi che pian piano, una volta arrivati al governo, abbiamo eliminato. Per equità, per evitare ingiustizie sociali. 
Oggi, alla luce di una crisi senza precedenti che sta segnando la nostra vita, i rappresentanti delle istituzioni devono dare il buon esempio. E tra questi anche gli ex parlamentari. Pure loro dovrebbero avere la sensibilità politica e l’attaccamento alla propria Nazione. Mentre invece hanno dimostrato di essere solamente attaccati ai soldi. 
Peccato, perché hanno ancora una volta ferito un Paese che per anni ha sofferto per le negligenze della politica e oggi subisce gli effetti del coronavirus.
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Don Biancalani querela Salvini per diffamazione


Don Massimo Biancalani, parroco di Vicofaro a Pistoia, dove gestisce una comunità di accoglienza di migranti, ha presentato questa mattina una querela nei confronti del leader della Lega Matteo Salvini e dell'europarlamentare della Lega Susanna Ceccardi, candidata del centrodestra alla presidenza della Regione Toscana. Il reato che viene ipotizzato nell'atto depositato nella cancelleria della Procura di Pistoia, come riferisce l'AdnKronos, è quello di diffamazione aggravata a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità (social network).Don Biancalani, nella querela redatta dall'avvocato Elena Baldi dello studio legale pistoiese associato Malucchi e Baldi, spiega che la diffamazione a mezzo stampa riguarda alcune dichiarazione pubblicate nei giorni scorsi su Facebook e Twitter da Salvini e Ceccardi a seguito dell'arresto per spaccio di un giovane migrante ospite a Vicofaro che avrebbe utilizzato il confessionale della parrocchia come 'nascondiglioNella querela il parroco spiega che le frasi e le espressioni utilizzate dai due esponenti politici tendono soltanto "ad ingenerare pregiudizio ed a provocare danno attraverso allusioni e falsità". La pubblicazione dei post, secondo la querela, ha poi moltiplicano gli interventi degli utenti sui social dove don Biancalani sarebbe "offeso e diffamato come parroco, come insegnante di scuola e come uomo". Poi i commenti non sono stati rimossi dai titolari delle pagine Facebook don Biancalani intende sporgerà querela anche contro tutti coloro che hanno pubblicato commenti diffamatori in calce ai post di Salvini e Ceccardi.

"La mia esperienza di accoglienza, con i tutti suoi limiti, è volta a risolvere un problema - spiega don Biancalani all'AdnKronos - che è effetto anche dei cosiddetti decreti Salvini che spingono verso la marginalità, sulla strada una parte dell'umanità. Noi siamo una realtà simbolo nel mondo ecclesiale e spesso finiamo sotto i riflettori. Non capiscono i motivi che spingono Salvini e Ceccardi a denigrare la mia persona e a dire cose false". "Io vorrei anche tollerare, sopportare - aggiunge il sacerdote - ma c'è un limite a tutto: non accetto che mi si dipinga come un colluso, quando io cerco solo di fare del bene per un'umanità spinta ai margini".
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Ancora flop alla manifestazione del centrodestra poca gente e molto sedie vuote

Circa 4 mila sedie posizionate di fronte al palco dei leader del centrodestra. E molte di queste sono rimaste vuote. La manifestazione dell’opposizione in piazza del Popolo a Roma è un mezzo flop, considerando anche che gli organizzatori avevano insistito per aumentare il numero massimo di posti consentiti: infatti, inizialmente la polizia aveva deciso di permettere l’accesso a 2 mila persone, in modo da rispettare le norme anti-contagio.

Sono circa 4 mila le sedie posizionate di fronte al palco dei leader del centrodestra per la manifestazione contro il governo indetta oggi, sabato 4 luglio, in piazza del Popolo a Roma. E molte di queste sono rimaste vuote. Un mezzo flop, considerando che gli organizzatori avevano insistito per aumentare il numero massimo di posti consentiti, dopo che la polizia aveva previsto di permettere l'accesso alla piazza a circa 2 mila persone, in modo da rispettare le norme anti-contagio. Un numero che, come detto, aveva fatto scattare le proteste. Alcuni parlamentari di Fratelli d'Italia avevano affermato che in quel modo si sarebbero provocati degli assembramenti di militanti "assiepati fuori dalle transenne", ricordando allo stesso tempo che per la manifestazione contro il razzismo dopo la morte di George Floyd c'erano "almeno 7mila persone, senza che nessuno dicesse nulla".
Il problema, comunque, non si è posto visto che molte sedie sono rimaste vuote e si è presentata relativamente poca gente. "Anche per evitare polemiche, sedetevi, e tra pochi minuti iniziamo", ha detto il leader della Lega, Matteo Salvini alle persone presenti, invitandole ad accomodarsi tra gli ampi settori vuoti.
Dopo le accuse ricevute per la manifestazione dello scorso 2 giugno, in cui spesso non era stato rispettato il distanziamento sociale e Salvini aveva più volte abbassato la mascherina per scattare un selfie dietro l'altro, questa volta la protesta è stata organizzata in modo ordinato. Ingressi contingentati, mascherine (consigliate, visto che le sedie sono state posizionate nel rispetto delle distanze di sicurezza) e misura della temperatura ai militanti ai varchi di entrata.

Sul palco prendono la parola Antonio Tajani, Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Non ci sono i simboli dei tre partiti del centrodestra, ma solo lo slogan della manifestazione "Insieme per l'Italia del Lavoro". Ognuno però ha il suo gazebo: a quello di Forza Italia si raccolgono le firme per la campagna che vuole fare Silvio Berlusconi senatore a vita per "risarcirlo politicamente" dopo quanto emerso in merito al processo per frode fiscale sui diritti Mediaset.
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Ultim'ora: La casta colpisce ancora. Arriva il no della Casellati per ri-tagliare i vitalizi.

Ultim'ora: La casta colpisce ancora. Arriva il no della Casellati per ri-tagliare i vitalizi.
No della Casellati a una delibera per ri-tagliare i vitalizi, Castaldo: «La casta è sempre pronta a proteggere il proprio conto in banca»«Vi avevamo detto che sui vitalizi non ci saremmo fermati, e così abbiamo fatto. Il M5S al Senato ha chiesto, proprio 2 giorni fa, la convocazione del Consiglio di Presidenza del Senato sul dossier Vitalizi. Ringrazio, ancora una volta, la nostra guerriera e mia cara amica Paola Taverna, perché continua a testa bassa questa battaglia di civiltà. La risposta della Presidente Casellati è stata “No”. Per la Presidente l’unica azione possibile è presentare un ricorso contro la decisione della commissione che ha deliberato il re-inserimento dei vitalizi».Lo ha scritto su Facebook l’eurodeputato del M5S e vicepresidente del Parlamento europeo, Fabio Massimo Castaldo.«Il M5S ha già annunciato il ricorso contro tale decisione, ma non è questo il punto su cui voglio soffermarmi. La questione è molto più semplice: qui manca la volontà politica di abolire questo odioso privilegio!» ha spiegato Castaldo.«Se i partiti, Forza Italia in primis, volessero davvero tagliare i vitalizi come dichiarano tronfi in tv, avrebbero tutti gli strumenti per iniziare a farlo ora. E invece, quando ci si trova dinnanzi ad azioni concrete, si pensa sempre a buttare la palla in tribuna», ha scritto ancora Castaldo.«Se questi signori avessero difeso le nostre aziende, le nostre eccellenze, i nostri figli, con la stessa determinazione con cui difendono il proprio conto in banca, oggi l’Italia sarebbe un Paese migliore. Noi però non ci arrendiamo, e daremo battaglia fino alla fine: i vitalizi sono un privilegio da cancellare, e lotteremo per farli sparire da questo Paese una volta per tutte» ha concluso.
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Ultim'ora: Sondaggi, Conte vola ancora. Salvini e Meloni perdono punti, M5S in aumento.

Gli ultimi sondaggi politici rilevati martedì 14 aprile mostrano il giudizio degli italiani rispetto all’operato del governo Conte in piena emergenza coronavirus. Da quanto si apprende, la rilevazione ha descritto la (quasi) completa approvazione delle mosse del premier: 3 italiani su 4 approvano le misure adottate da Giuseppe Conte. A distanza di una settimana dalla precedente rilevazione, quindi, il governo aumenta il suo bacino di apprezzamento e dal 50% dei consensi passa quindi al 75%.

Per quanto riguarda, invece, le preferenze degli italiani rispetto ai partiti politici, si nota un drastico calo della Lega, a favore della crescita del Movimento 5 Stelle. Stabile infine il Partito Democratico.


Sondaggi politici: giudizio sul governo Conte
I sondaggi politici Tecnè realizzati martedì 14 aprile mostrano un giudizio molto positivo rispetto all’operato del governo Conte nel pieno dell’emergenza coronavirus.


Il premier ha prorogato il lockdown per i cittadini fino al 3 maggio e ha disposto alcune piccole riaperture già dal 14 aprile. Inoltre, nonostante gli scontri con Matteo Salvini e Giorgia Meloni sul Mes, il suo gradimento è passato dal 50 al 75%.

La Lega, dopo le bagarre contro il premier, perde qualche punto ma si conferma il primo partito italiano per numero di consensi: 28,5%. L’alleata di Fratelli d’Italia, invece, guadagna soltanto lo 0,1% e si attesta al 14,5% dei consensi. Chiude le opposizioni il partito di berlusconi, Forza Italia, che si ferma al 7%. L’alleanza di centrodestra segna un netto 50%.
Italia Viva di Renzi perde qualche decimale ed è al 2,8%, mentre le altre forze della sinistra sono stabili. La Sinistra è al 2,8% (+0,1%), i Verdi all’1,8% (stabile), Azione all’1,7% (+0,1%), +Europa all’1,5% (-0,1%).

L’operato dei governi europei
L’emergenza coronavirus è stata affrontata con modelli diversi in tutta l’Europa e diversi sono anche i consensi che i governi hanno ottenuto dai loro cittadini. Il premier Conte, con il suo lockdown rigido, è stato promosso dal 73% degli italiani. In Germania, invece, il 65% dei cittadini ha risposto positivamente, mentre il 35% negativamente. La Francia va peggio: solo il 54% dei francesi sostiene Macron, mentre il 46% è contro l’operato del presidente. Infine, in Polonia il 92% appoggia le misure del governo e l’8% le nega.
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Cinema America, Conte a sorpresa alla serata inaugurale: seduto per terra con la compagna Olivia

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è arrivato a sorpresa alla serata inaugurale dell'arena dei ragazzi del Cinema America al quartiere Trastevere a Roma.
Stasera è prevista la programmazione del film «La Bella Vita», opera prima di Paolo Virzì è tra il pubblico oltre al regista anche Sabrina Ferilli, Claudio Bigagli e Massimo Ghini. La piazza è molto partecipata, ma nel rispetto delle prescrizioni sul distanziamento sociale imposte dall'emergenza Coronavirus. 

Conte si è seduto per terra in mezzo alla gente con la compagna Olivia Paladino dispiegando a beneficio dei fotografi una maglietta con la scritta del cinema America. Le immagini in un video su Twitter del Piccolo America, che apre stasera la rassegna 'Il cinema in piazzà.

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Gasparri va in pensione. 28 anni di aspettativa, alla faccia di noi comuni mortali.

Il Fatto racconta che il senatore-giornalista di Forza Italia dal primo giugno gode dell'assegno da dipendente del Secolo d'Italia. Ma è stato in aspettativa 28 anniMaurizio Gasparri va in pensione dopo nove anni di lavoro su 37. Lorenzo Giarelli sul Fatto Quotidiano racconta che il senatore di Forza Italia ha regolarmente ottenuto la quiescenza e il relativo trattamento previdenziale a partire dal primo giugno dopo il suo lavoro al Secolo d’Italia:Già, perché Maurizio Gasparri ha appena concluso il suo rapporto di lavoro con il Secolo d’Italia, storico giornale di destra diventato organo di partito del Movimento Sociale Italiano e di Alleanza Nazionale, prima della nascita del Pdl e della sua seconda vita online, edito dalla Fondazione An. Qui Gasparri era arrivato nel 1983 da praticante e qui si è consegnato alla pensione, adesso che di anni ne ha quasi 64. Piccolo dettaglio: ricoprendo ininterrottamente la carica di parlamentare dal 1992, il senatore forzista era in aspettativa da quella data, ovvero ventotto anni, avendo perciò continuato a versare i contributi all’Inpgi, la cassa previdenziale dei giornalisti, attraverso il proprio stipendio da onorevole. Nove anni di lavoro e 28 di aspettativa valgon bene la pensione, che adesso potrebbe essere ridotta perché Gasparri percepisce altro reddito ma che comunque è fieno in cascina per il futuro, tenendo conto che l’ex ministro nel frattempo continuerà a maturare la pensione da parlamentare.Tutte circostanze che il senatore minimizza: “A una certa età e con una certa anzianità si va in pensione, non è una notizia. Tutto è accaduto in base alle norme e alle regole, non c’è nulla di strano”. Per capire come, allora, serve un passo indietro. Gasparri è giornalista professionista dal 1985 e come tale è iscritto all’Ordine dei giornalisti del Lazio, ma già dal 1983, all’epoca ventisettenne e già vice di Gianfranco Fini nel Fronte della Gioventù, entra al Secolo d’Italia come praticante. Le cose vanno bene, tanto che nel 1991 Gasparri diventa condirettore del giornale, anche se dopo appena un anno decide di candidarsi al Senato con il Msi riuscendo a essere eletto. A quel punto si mette in aspettativa, ma fino al 1994 continua a dirigere il Secolo: “Non prendevo una lira e anzi – rivendica oggi – ho mantenuto la carica di caposervizio pur facendo il lavoro del direttore, come testimoniava la gerenza. Questo per non gravare sui conti del giornale”.E così prima dell’addio Gasparri ha potuto rimpinguare il proprio curriculum giornalistico, che adesso si conclude (a meno di collaborazioni post-pensione) dopo 37 anni – e qualche mese – di cui 28 passati in Parlamento, in ben altre faccende affaccendato. Tutto sommato, Gasparri ha dunque motivo per ritenersi soddisfatto.
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Travaglio umilia Berlusconi: Sei solo un bugiardo gli italiani conoscono la tua storia

Travaglio umilia Berlusconi: Sei solo un bugiardo gli italiani conoscono la tua storia
Marco Travaglio nel suo editoriali di oggi si occupa nuovamente delle vicende giudiziarie dell’ex premier Silvio Berlusconi, dopo le polemiche scatenate dal caso della registrazione di un colloquio tra Amedeo Franco, magistrato di Cassazione, giudice relatore e poi tra i firmatari del verdetto di condanna emesso dalla Suprema corte su Berlusconi, e lo stesso Berlusconi.
Non ci sono parole, ma solo risate, per commentare la servitù volontaria dei berluscones che da trent’anni si vendono la faccia in cambio della pagnotta, fingendo di credere alla favola del bravo imprenditore che s’è fatto da sé, boicottato dai poteri forti, dai comunisti e dalle toghe rosse, ma alla fine viene sempre assolto (o prescritto, per loro è lo stesso) perché è innocente come un giglio di campo, non ha mai corrotto politici, giudici, finanzieri, testimoni, senatori e minorenni, era davvero convinto che Mangano fosse uno stalliere, Dell’Utri un bibliofilo, Previti un avvocato, Gelli un materassaio, Craxi uno statista, Ruby (marocchina) la nipote di Mubarak (egiziano) e, se una volta lo condannano per una frode fiscale da 368 milioni di dollari, è un complotto», scrive Travaglio.

«Più preoccupante è il caso dei giornali “indipendenti” (dalla verità e dal ridicolo), che prendono sul serio o sottogamba l’ultima minchiata della Banda B., utilissima ai loro traffici per il governo di larghe intese&imprese. Da anni invocano una legge-bavaglio contro le intercettazioni legali a fini di giustizia (quelle disposte dal giudice su richiesta del pm) e ora non si scandalizzano per quelle illegali a fini di ingiustizia (realizzate da B., non si sa se d’accordo col giudice Franco o a sua insaputa, né dove, né quando, né montate da chi, certamente conservate per 7 anni con tutti i ricatti possibili e immaginabili, infine diffuse dopo la morte del parlante per salvarlo dalle conseguenze e fare un po’ di casino). Che non sono una novità. Ma una prassi», osserva il direttore del Fatto Quotidiano.

Vince la linea dell’Italia

L’accordo sul Recovery Fund segna un passaggio cruciale nella politica delle istituzioni comunitarie. Vince la linea dell’Italia che si è ba...