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martedì 21 luglio 2020

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Vince la linea dell’Italia

L’accordo sul Recovery Fund segna un passaggio cruciale nella politica delle istituzioni comunitarie. Vince la linea dell’Italia che si è battuta per una risposta all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte. Un risultato straordinario ottenuto grazie alla fermezza del Presidente Conte che rappresenta una svolta storica per l’Europa».

Con l’intesa raggiunta dal Consiglio straordinario europeo sul Recoveru Fund da 750 miliardi le istanze di crescita e solidarietà prevalgono su austerità ed egoismi all’interno dell’Ue. È un cambio di prospettiva che tutela gli interessi del nostro Paese ma anche le stesse prospettive future dell’Europa. L’impegno dell’Italia è stato determinante per il buon esito del negoziato che apre una nuova fase», ha spiegato Fraccaro.

«Con le dotazioni del bilancio pluriennale le risorse complessive stanziate ammontano a 1.800 miliardi di euro, un piano ambizioso e adeguato ad affrontare la crisi che ha investito tutti i Paesi. L’Italia in particolare, con 209 miliardi di euro dal Recovey Fund e 36 miliardi in più rispetto alla proposta iniziale, ottiene uno stanziamento estremamente corposo che consentirà di rilanciare l’economia, modernizzare il sistema-Paese e favorire la transizione ecologica. Un’opportunità senza precedenti che ci consentirà non solo di affrontare l’emergenza ma anche di progettare la ripartenza dell’Italia all’insegna della crescita sostenibile», ha concluso.

lunedì 13 luglio 2020

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L'emergenza del governo. Già pronti 310 milioni per la cittadinanza a tutti

Maxi fondo del Viminale per gli uffici destinati all'accoglienza. Previsto un bonus per i dirigenti

Il governo giallorosso chiude gli occhi sul monitoraggio degli sbarchi degli ultimi giorni, omettendo di valutarne entità e comparazione con lo stesso periodo del 2019 al contempo però, non dimentica di mettere in campo ingenti risorse da destinare agli immigrati. Negli ultimi giorni il Viminale ha stanziato ben 310 milioni di euro (precisamente 309.880.000) per rafforzare il programma necessario ai funzionari per attivare l'iter del riconoscimento della cittadinanza italiana. Una cifra pressoché esagerata se si considerano i due passaggi che riguarderanno, uno la gestione del sistema informatico e l'altro, la formazione del personale. E altrettanto contando che la procedura è stata avviata dagli uffici senza pubblicazione del bando ma attraverso la sola trattativa privata. Modalità curiosa davvero a meno che il programma non sia avallato da vincoli di somma urgenza, - ma nei documenti non figura alcuna disposizione di celerità piuttosto, data l'ingente somma, come recita il codice degli appalti, il bando pubblico doveva essere doveroso. Al contempo invece si riconoscono anche 2.500 euro di bonus per Rup e direttore esecutivo.

Già, ma come accaduto anche in altre occasioni la maggioranza Pd Cinquestelle semplifica e sburocratizza a giorni alterni secondo il motto «Cicero pro domo sua». Solo quando conviene insomma. In questo caso specifico sembra proprio che il ministero dell'Interno vada di corsa per mettere a punto il miglior proposito per affrettare l'assegnazione della cittadinanza. Tuttavia se si va a misurare il rapporto realistico tra domanda e riconoscimento viene fuori che negli ultimi anni ben il 35% delle domande sono state rigettate per incompletezza di requisiti e insufficienza documentale. Vale a dire che i funzionari impegnati nella valutazione delle richieste le hanno rigettate per oltre un terzo delle volte. Chissà se a oggi questo nuovo sistema di calcolo e analisi, dato l'ingente costo, possa operare una scrematura delle domande già a monte. Si vedrà. Comunque sia, è evidente porre una sorta di domanda retorica: come mai proprio in questo momento così problematico per l'Italia, in cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si affanna a voler prorogare lo stato di emergenza fino al 31 dicembre prossimo, tra le priorità del Viminale ci sia il via libera a un progetto per l'assegnazione della cittadinanza agli immigrati? A oggi, a meno di inaspettate sorprese le proposte di legge sullo Ius soli e Ius sanguinis sembrano serrate nei cassetti della maggioranza, compresa quella relativa al Disegno di legge portato avanti dal presidente della commissione Affari costituzionali, il pentastellato Giuseppe Brescia fervido sostenitore del fatto che bambini immigrati che frequentano la scuola, siano già a priori cittadini italiani. E comunque sia la macchina amministrativa che si occupa di accoglienza ai migranti, malgrado lo stato di emergenza, si sta rimettendo in moto. Oltre a questa ingente somma di denaro ne è stata elargita un'altra, anche se è poca cosa in confronto: 7 milioni di euro per affidare ai mediatori culturali progetti contro la vulnerabilità sociale, psichica dei migranti e per impartire regole per la cura della salute. Cifra cui si aggiungono anche gli ultimi 110 milioni per la proroga di una porzione dei progetti Siproimi. E non ultimo ulteriori 102 milioni per le organizzazioni no profit che si occupano di integrazione sul territorio nazionale.


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Ultim'ora Conte: “Lo Stato non può essere socio di chi prende in giro le famiglie delle vittime”.

Presidente Giuseppe Conte, è soddisfatto delle proposte di transazione di Atlantia, cioè della famiglia Benetton, per il nuovo assetto di Aspi, cioè di Autostrade per l’Italia?

Per nulla e le spiego perché partendo dall’inizio. Due anni fa, dopo il crollo del ponte Morandi, abbiamo avviato la procedura di contestazione, mettendo in discussione la concessione ad Aspi. La mia sensazione è che Autostrade, forte dei vantaggi conseguiti nel tempo e di una concessione irragionevolmente rinforzata da un intervento legislativo, abbia scommesso sulla debolezza dei pubblici poteri nella tutela dei beni pubblici. A un certo punto Aspi si è irrigidita confidando, evidentemente, nella caduta del mio primo governo. Con questo nuovo governo si è convinta di avere forse delle carte da giocare e ha continuato a resistere. Solo all’ultimo si è orientata per una soluzione transattiva. La verità è che le varie proposte transattive fatte pervenire da Aspi non sono soddisfacenti. Lo Stato ha il dovere di valutarle per lo scrupolo di tutelare l’interesse pubblico nel migliore dei modi possibili. Ma adesso dobbiamo chiudere il dossier ed evitare il protrarsi di ulteriori incertezze.

Ma l’ultima proposta sembra migliorativa per lo Stato.

No. Proprio al fine di completare il procedimento, il 9 luglio si è svolta una riunione tecnica con il concessionario Aspi: lì i tecnici del governo hanno esposto i contenuti minimi e assolutamente inderogabili che devono caratterizzare la proposta transattiva perché possa essere portata e discussa in Consiglio dei ministri. E sabato è arrivata una risposta ampiamente insoddisfacente, per non dire imbarazzante: tutto meno che un’accettazione piena e incondizionata delle richieste del governo.

Ma l’azienda dei Benetton dice il contrario.

Le faccio qualche esempio. Manca l’impegno a manlevare la parte pubblica per tutte le richieste risarcitorie collegate al crollo del ponte Morandi. La somma di 3,4 miliardi offerta a titolo risarcitorio e compensativo per quella immane catastrofe è stata in buona parte imputata da Aspi a interventi di manutenzione che comunque il concessionario ha già l’obbligo di realizzare.

Chi la accusava di appiattirsi sul Pd ora dirà che è appiattito sui 5Stelle.

Mah, se ne sentono di tutti i colori. Un giorno sono appiattito su una forza di maggioranza, l’indomani su un’altra. La verità è che sono e mi ritroverete appiattito sempre e soltanto sull’interesse pubblico e sul bene comune.

Mezzo Pd e tutta Italia viva pensano che l’interesse pubblico sia lasciare la concessione ai Benetton con qualche ritocco.

Non ho dubbi che tutti i ministri e le forze di maggioranza, quando saranno chiamati alla decisione ultima – e adesso ci siamo – sapranno valutare i conclamati inadempimenti commessi da Aspi e l’incredibile dispendio di risorse pubbliche a vantaggio del privato che questa concessione ha prodotto nel tempo, con gravissimi danni per tutti i cittadini.

Molti, a cominciare da Iv, paventano in caso di revoca un contenzioso complicato che potrebbe costare allo Stato molti miliardi.

Pochi giorni fa la Corte costituzionale ha giudicato pienamente legittima la norma che avevamo confezionato per escludere Autostrade dalla ricostruzione del ponte Morandi, a causa della “eccezionale gravità della situazione”. Quel crollo, le 43 vittime, i gravi danni causati alla comunità genovese, costituiscono un gravissimo e oggettivo inadempimento del concessionario. In aggiunta abbiamo una lunga lista, accumulata nel tempo, di cattive o mancate manutenzioni, ordinarie e straordinarie, della rete autostradale. Senza contare che in questi quasi due anni abbiamo acquisito vari pareri giuridici che ci confortano ai fini della revoca della concessione: anzi, ci legittimano ad avanzare pretese risarcitorie molto consistenti. Non è lo Stato che deve soldi ai Benetton, ma viceversa.

Il suo governo rischia grosso e lei lo sa bene.

Io occupo una poltrona per risolvere questioni cruciali come questa nell’interesse dei cittadini, non per tirare a campare o regalare privilegi ai privati.

Ma lei, Benetton a parte, vuole statalizzare le imprese?

Sono cresciuto e sono stato educato nella cultura del libero mercato. Che però sia depurato da comportamenti predatori e pratiche commerciali scorrette. Detto questo, per favorire una pronta ripresa, dobbiamo e possiamo valutare azioni di sostegno alle imprese in difficoltà anche tramite interventi diretti dello Stato. Come stanno facendo anche altri Paesi europei. E per periodi limitati.

Voltiamo pagina. Molti ora la accusano di voler aggirare il Parlamento per prolungare lo stato di emergenza fino a fine anno, prendere i pieni poteri, forse anche rinviare le regionali sine die, con la scusa del Covid. La presidente del Senato Elisabetta Casellati dice che lei ha reso “invisibile” il Parlamento. Il giurista Sabino Cassese sul Corriere la paragona al modello Orbàn.

Chi evoca il modello Orbàn dice una sonora stupidaggine. Io non ho né voglio pieni poteri. Le elezioni regionali si terranno nella data stabilita. E il Parlamento non è mai stato né sarà mai scavalcato. Ho già chiarito che, sulla proroga o meno dello stato di emergenza Covid, abbiamo tempo per decidere sino a fine luglio. Sarà una decisione collegiale del governo, che verrà poi sottoposta al doveroso passaggio parlamentare con un’ampia discussione pubblica. Questo governo ha dimostrato con i fatti, non a parole, di aver sempre rispettato le Camere, riferendo su ogni decisione e limitando, anche nella fase più acuta dell’emergenza, le misure precauzionali allo stretto necessario, all’insegna dei criteri di adeguatezza e proporzionalità.

A che punto è il negoziato europeo sul Recovery Fund dopo il suo tour tra Spagna e Olanda?

Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha formulato una proposta di mediazione in vista del vertice del 17 e 18 luglio. L’aspetto positivo è che la sua proposta conferma l’ammontare del Recovery Fund e la sua ripartizione fra sussidi a fondo perduto e prestiti. Ma contiene alcuni aspetti critici che vanno superati. Confido che ciò avvenga già nella prossima riunione: il negoziato va finalizzato già entro questo mese.

Però il suo incontro col premier olandese Rutte è andato male.

Non direi, anzi, il clima era positivo. Sono orgoglioso per l’Italia nel leggere che sia Rutte sia il premier austriaco Kurz riconoscono il nostro ruolo di apripista per le riforme strutturali e l’accelerazione della spesa per investimenti, in modo da garantire una pronta ed efficace ripresa non solo all’Italia, ma a tutta l’Europa.

Lei gira l’Europa e intanto in Italia i topi ballano. Di Maio incontra Draghi e, pare, Gianni Letta. Molti, da Prodi e Renzi a un pezzo del Pd, corteggiano Berlusconi perché entri in maggioranza. La preoccupa questa frenesia di incontri fuori dal seminato della maggioranza?

Mah, l’unica “frenesia” che avverto io è quella di chiudere al più presto il negoziato europeo e far ripartire l’Italia con il “Piano di rilancio” che stiamo ultimando. Mi curo poco degli incontri altrui. Io i miei li ho già fatti, insieme ai ministri, nelle due settimane degli Stati generali: con 122 sigle associative, 34 personalità della società civile e molti cittadini, a cui abbiamo presentato e con cui abbiamo discusso 180 progetti. L’unica frenesia che adesso dobbiamo concederci è quella di attuare il maggior numero possibile di progetti nel minor tempo possibile.

Lei oggi incontrerà Angela Merkel. Che cosa le dirà?

Le dirò che le altre Istituzioni europee hanno saputo cogliere l’importanza di questa fase storica e interpretare il proprio ruolo anche sul piano politico. Adesso tocca a noi: ai capi di Stato e di governo. Il Consiglio europeo non potrà né dovrà essere da meno.

sabato 11 luglio 2020

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Silvio Berlusconi, conti in rosso per Forza Italia. Rischio fallimento

Forza Italia è un partito assediato dai debiti, a rischio fallimento. "Se non ci fosse il presidente Berlusconi a mettere mano continuamente al portafoglio, Forza Italia avrebbe portato già i libri in tribunale", spiega un big di lungo corso del partito, fotografando lo stato di salute di Fi alla luce dell'ultimo bilancio, quello relativo al 2019.

A pesare sulle casse c'è un passivo consistente di oltre 100 milioni di euro, che compromette e rischia di rosicchiare ogni entrata: basti pensare che i contributi del 4 per mille e del 2 per mille, in aumento e pari a quasi 2,5 milioni di euro, risultano congelati e ''totalmente pignorati presso il ministero dell'Economia da vari creditori''. A venire meno sono anche i 'contributi' degli eletti, deputati e senatori, specialmente consiglieri regionali e gli introiti delle quote associative. A gravare ci sono pure le spese sostenute per le campagne elettorali.
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Stato di emergenza Conte estende il provvedimento Covid fino al 31 dicembre

Il premier Conte ha deciso di estendere il provvedimento che termina in teoria il 31 luglio in modo da poter ancora emanare, se ne ce fosse bisogno, nuovi Dpcm, i decreti del presidente del Consiglio che hanno accompagnato gli italiani durante la fase 1 e 2 dell’emergenza Coronavirus.
Il governo prorogherà lo stato di emergenza per COVID-19 fino al 31 dicembre 2020. Il Messaggero scrive che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha deciso di estendere il provvedimento che termina in teoria il 31 luglio in modo da poter ancora emanare, se ne ce fosse bisogno, nuovi Dpcm, i decreti del presidente del Consiglio che hanno accompagnato gli italiani durante la fase 1 e 2 del Coronavirus. La spinta arriva dal Comitato tecnico scientifico e anche al Ministero della Salute sono consapevoli che sarà un passaggio necessario.
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L’alleato di Salvini in Ue contesta Conte in Olanda: “Non un centesimo agli italiani”. “Lega cambi slogan e dica ‘prima gli olandesi'”

“Non un centesimo per gli italiani“. È il cartello con cui il parlamentare d’opposizione olandese, Geert Wilders, leader del Partito per la libertà e alleato di Matteo Salvini in Europa, ha accolto il premier Conte, in visita da Mark Rutte. Lo contestazione è andata in scena davanti al Palazzo Binnenhof, sede del bilaterale Italia-Olanda. “Se sono questi gli alleati di Salvini la Lega cambi slogan: “Prima gli olandesi!” ha commentato il segretario del Pd Nicola Zingaretti. Zingaretti ha condiviso la foto di Wilders insieme a Salvini, con la scritta: “Ecco chi sono i suoi alleati”
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Scoperto il piano anti governo di Salvini, Berlusconi, Renzi e Prodi.

A me risulta molto chiara la strategia intrapresa da tutti i partiti, sempre insieme appassionatamente, per spianare la strada a nuovi ingressi in maggioranza o per far abbassare la testa al M5S che pretende la revoca delle concessioni autostradali ai Benetton. La prima parte della strategia in questione ha, come da prassi consolidata, la complicità dei media che lasciano dire, a canali unificati, al politicante di turno, che i parlamentari 5 Stelle sono tutti “scappati di casa”, disoccupati cronici e nullafacenti convinti. Sono, quindi, poveracci morti di fame che già solo per questa ragione non manderanno all’aria qualsiasi governo verrà loro proposto».

Così su Facebook la senatrice del Movimento 5 Stelle ed ex ministra del Sud Barbara Lezzi.

Beh, prendiamo me per esempio. Lavoro da quando avevo 19 anni, ininterrottamente. A quasi 41 anni vengo eletta in Senato con 21 anni di contributi già versati, una casa comprata con un mutuo e una macchina senza pretese ma comoda. Per queste ragioni, a circa 25 anni decido di andare a vivere per conto mio, pensate un po’ senza la necessità di scappare da casa ma ricevendo un bell’abbraccio dai miei genitori che mi garantirono che la porta di casa sarebbe rimasta sempre aperta per me. Ora sono in aspettativa. Sono stata spesso insultata perché sarei, a secondo dell’urlatore di turno una povera commessa, impiegata, ragioniera. Eh sì, perché per i brillanti politici di destra e sinistra il lavoro puzza, è una cosa brutta e cattiva. Ma come?!?! Questa non vive di denaro pubblico e vuol fare politica? D’altronde, chiedetevi cosa potrebbe mai fare per vivere Salvini? Immaginatelo a cercare lavoro, alzarsi presto la mattina, rispettare orari e funzioni. O, magari, immaginate Renzi o Faraone, Zingaretti o Francescini mentre vanno ad iscriversi all’ufficio di collocamento. Ah no, loro sono sempre garantiti da qualche fondazione o consiglio di amministrazione di qualche azienda pubblica», ha sottolineato Lezzi. 

La strategia» – prosegue il post – «vuole portare i cittadini a convincersi che saremmo noi quelli disposti a tutto pur di non tornare a casa. È vero il contrario. Sono tutti gli altri disposti a passare su 43 morti pur di non intaccare i loro interessi, pregressi e futuri. Sono capaci persino di dire che il M5S starebbe usando le vittime del ponte di Genova. Usando per cosa?
Noi non li dimentichiamo, gli altri vogliono ignorarli. Perché, ricordiamolo sempre, la storia delle concessioni è una questione di soldi, tanti soldi. È la storia di un inganno avviato da D’Alema, Prodi e Draghi e perfezionato da Berlusconi.
Ed è anche questa la ragione per la quale Salvini ha sempre ostacolato la revoca: non poteva disturbare il Cavaliere».

«Al contrario di questa gente, io non ho strategie. Non ho paura di tornare a casa dove mi aspettano un lavoro, una famiglia e una vita dignitosa. Perché i morti si onorano con le azioni e non con le passerelle e perché, se cedessimo e ignorassimo le vite spezzate dei nostri 43 concittadini, saremmo pronti a fare passi indietro su tutto.
E il Movimento 5 Stelle non è pronto a tutto. Abbiamo promesso ai familiari e ai cittadini italiani che avremmo revocato le concessioni. Non ci sono altre strade», ha concluso Lezzi. 

Vince la linea dell’Italia

L’accordo sul Recovery Fund segna un passaggio cruciale nella politica delle istituzioni comunitarie. Vince la linea dell’Italia che si è ba...